Fabio Giampietro, “Exodus, un viaggio fra pittura e realtà virtuale”

In vista del Giorno della Memoria curerò quest’anno una installazione immersiva di Fabio Giampietro al Museo Ebraico di Bologna che sarà inserita anche nel circuito ufficiale degli eventi di Arte Fiera e di Art City Bologna in collaborazione con Galleria de’ Bonis.

L’opera site-specific, composta appositamente per questo spazio e per questa ricorrenza, si svilupperà fra pittura, suono (composto da Alessandro Branca) e realtà virtuale.
Protagonista sarà un dipinto, collocato all’interno del Memoriale, che racconterà delle navi in partenza verso l’attuale Israele che si lasciano alle spalle un’Europa distrutta dalla guerra. Il dipinto parlerà dell’ennesimo viaggio del popolo ebraico in fuga dai suoi persecutori ma questa volta in direzione della Terra Promessa.

Lo spettatore potrà guardare l’opera a occhio nudo ma, indossando un visore per la realtà virtuale, gli sarà possibile anche entrare nel dipinto vivendolo dall’interno in modo esperienziale e immersivo. Un sistema audio permetterà di sentire voci e rumori di persone in fuga tutt’intorno allo spettatore calandolo ancora di più nella Storia perché possa viverla in prima persona.


Vi siete mai chiesti cosa ne sia stato degli ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento che ritornati, fra la vita e la morte, non hanno trovato più nulla? Niente più famiglie, niente più casa, nessun lavoro, nessun risparmio, tutto fatto a pezzi e requisito dai nazisti e dai fascisti.

Per far fronte a questa situazione drammatica, un’organizzazione paramilitare ebraica chiamata Haganah, organizzò una campagna di salvataggio con numerosi viaggi verso l’allora Palestina Britannica che sarebbe diventata poi nel 1948 lo Stato di Israele.

Questi viaggi costituivano per moltissime persone una seconda possibilità, l’opportunità di una nuova vita nella terra considerata promessa, nella quale ricominciare al sicuro, un Paese nuovo dove gli Ebrei avrebbero potuto finalmente vivere senza sentirsi minacciati da nessuno.

Il viaggio della nave Exodus fu illegale e particolarmente difficile. Il Regno Unito, che era allora potenza mandataria in Palestina, nel 1939 aveva limitato l’afflusso degli ebrei profughi a soli 75000 in cinque anni. Le migliaia di sopravvissuti a bordo della nave partirono dunque come clandestini.

Nel 1947 Haganah accolse più di 4000 profughi accompagnandoli, su 160 camion, al porto di Marsiglia. Da qui partirono con la nave Exodus nell’estate del ’47 dopo aver raccolto altri sopravvissuti a Porto Venere, in provincia di La Spezia.Nelle vicinanze di Haifa l’imbarcazione fu attaccata dalle forze militari britanniche. L’equipaggio e le persone a bordo si difesero strenuamente ma il loro viaggio fu violentemente ostacolato e interrotto. Ci furono diversi morti. Una volta arrestati, tutti i profughi furono rimpatriati con tre navi che li portarono di nuovo a Marsiglia dove fu offerto loro asilo politico. La maggior parte non accettò di sbarcare: la loro volontà era ancora fermamente quella di voler raggiungere la Palestina. Alla fine i profughi ebrei furono ritrasferiti in Germania in un’odissea senza fine.
In tutte queste operazioni molti furono i morti, i feriti e gli arrestati fra una popolazione stremata dalla prigionia, dal lavoro forzato, da ogni sorta di abuso e senza più niente da perdere se non la propria identità di ebrei.

Nel 1948 nacque lo Stato di Israele e migliaia di persone poterono finalmente trovare una casa e ricominciare una vita.

Questa storia poco conosciuta ha tantissimi punti di contatto con l’attualità che invitano alla riflessione.
Uno dei compiti dell’Arte Contemporanea è aiutarci a capire il mondo in cui stiamo vivendo con le sue dinamiche che, la Storia ci insegna, sono sempre le stesse anche se sembriamo non impararle mai.

Fabio Giampietro
Exodus. Un viaggio fra pittura e realtà virtuale

A cura di Margherita Fontanesi
In collaborazione con Galleria de’ Bonis

Museo Ebraico di Bologna
Via Valdonica 1/5, Bologna

Una mostra promossa nel circuito ufficiale di Art City Night e di Artefiera

24 gennaio – 8 marzo 2020

Per informazioni:
Galleria de’ Bonis, tel. 339-6904304 info@galleriadebonis.com www.galleriadebonis.com

MEB, tel. 051-2911280 info@museoebraicobo.it www.museoebraicobo.it

Fabio Giampietro, “The leap”

Seguo il lavoro di Fabio Giampietro da anni e trovo che parlare di paesaggi urbani per la sua produzione sia estremamente limitante.

Fabio Giampietro, HPS-The Crane, 2018,
sottrazione di olio su tela, 140 x 120

Le opere della personale “The leap” alla Galleria de’ Bonis di Reggio Emilia
(15 dicembre 2018 – 19 gennaio 2019) fanno parte della serie “Hyperplanes of Simultaneity” e, più che descrittive, postatomiche o surreali come talora sono state definite, sono piuttosto estremamente simboliche e il paesaggio diventa solo un pretesto, una porta per un altrove che è dentro di noi.

Fabio Giampietro, cervelli in fuga, 2015, olio su tela, 40 x 30

Quando ci troviamo sulla sommità di uno dei grattacieli di Fabio Giampietro siamo in realtà sull’orlo della nostra interiorità e ci affacciamo sulla nostra mente.

L’entrare in profondità dentro di noi esercita sulla maggior parte delle persone un’attrazione e un rifiuto che mandano in cortocircuito il nostro cervello paralizzandoci. È la stessa cosa che capita quando ci troviamo ad un’altezza elevata: la percezione della distanza da terra viene aumentata dal nostro cervello per indurci a metterci al sicuro senza rischiare di cadere (High place phenomenon), ma in molti al contempo scatta un altro istinto che nel mondo scientifico si chiama “Appel du vide”, richiamo del vuoto, il forte istinto di buttarsi.

Questi due istinti che generano un misto di ansia, aumento adrenalinico e piacere, scattano anche di fronte alle tele di Fabio Giampietro e questo è uno dei motivi che le rende così magnetiche.
La possibilità di esperirle anche attraverso la realtà virtuale rende l’esperienza ancora più forte e totalizzante.

Per entrare dentro di sé, accettare anche le parti più difficili del nostro essere è necessario spiccare un salto, lasciarci alle spalle la sicurezza della nostra realtà materiale e lasciarci andare alla scoperta di qualcosa di nuovo e misterioso vivendo la vertigine e non opponendoci ad essa.

Fabio Giampietro, HPS – The Crane, 2018, sottrazione di olio su tela, 110 x 80

Gli edifici di questi dipinti, spersonalizzati e per lo più senza traccia umana, rappresentano proprio il mondo parallelo che c’è dietro le nostre sicurezze, le nostre convinzioni, la nostra quotidianità rassicurante.

Quasi tutti restano incantati davanti alle opere di questa serie ma si tratta di uno stupore composto.

È nel momento in cui indossano l’oculus e si immergono nella realtà virtuale che tratti importanti della loro personalità escono mettendone a nudo l’approccio allo sconosciuto.

C’è chi si incanta con entusiasmo, chi si paralizza terrorizzato, ci è ritroso ma poi si lascia convincere, chi toglie subito l’oculus per non farsi vedere insicuro, chi rifiuta la possibilità di perdere il controllo.

Fabio Giampietro, HPS- Sails, 2018, sottrazione di olio su tela, 110 x 80

Trovo le opere di Fabio Giampietro molto…”terapeutiche”: sono un’opportunità per lasciarsi andare, esplorare i propri limiti, sfidare con il gioco le proprie paure e fare un “salto nel vuoto” dentro di noi.

Fabio Giampietro
“The leap”
15 dicembre 2018 – 19 gennaio 2019
Galleria de’ Bonis
Reggio Emilia, Viale dei Mille, 44/B
Tel. 0522 580605, cell. 338 3731881
info@galleriadebonis.com
Instagram: @galleriadebonis
www.facebook.com/galleriadebonis

Art Galleries in the social media era

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Challenging

Questo è il termine che sintetizza la lecture  che ho seguito martedì 28 aprile alla Bocconi riguardo al ruolo delle gallerie d’Arte nell’epoca dei social media.

Ha moderato l’incontro Marc Spiegler, global director di Art Basel e hanno partecipato come relatori i galleristi:

Maria Bernheim – Maria Bernheim, Zurich
Emanuela Campoli – Campoli Presti, Paris, London
Francesca Kaufmann –  Kaufmann Repetto, Milano, New York
Oliver Newton – 47 Canal, New York

Nonostante fossero più i sostenitori della presenza delle gallerie sui social network che i detrattori la presenza anche di pareri non favorevoli ha alzato il livello del dibattito rendendolo più sfaccettato e permettendo di fare luce sui pro e i contro di un nuovo capitolo della storia del mercato dell’Arte e del collezionismo.

Il mondo oggi si sta spostando in gran parte on line ed è utopico – e a parer mio sbagliato – che le gallerie d’Arte ignorino l’esistenza dei social media e ne stiano fuori con un atteggiamento snobistico verso il mezzo o iperprotettivo verso i propri artisti.

Personalmente, come gallerista, constato che molti dei miei clienti (e molti dei potenziali tali) sono sui social network e spesso ci contattano privatamente dopo aver visto nostre opere anche sulla nostra pagina Facebook. Questo è un fenomeno in lento ma costante aumento, mentre i contatti dal sito o dalla newsletter sono ormai all’ordine del giorno. Ma questi non sono social network.

Secondo alcuni i social media sono i “bignami” dell’arte e danno informazioni superficiali che banalizzano la cultura artistica e disincentivano la buona abitudine di leggere articoli di spessore.

Se sul fatto che la critica d’Arte sia penalizzata dalla fast-culture dei social sono d’accordo, non credo invece che la comunicazione di una galleria attraverso di essi possa portare via i clienti dallo spazio espositivo.

Chi compra Arte non rinuncerà mai a vedere le opere dal vivo e ben sa che le foto, pur essendo preziosissimi strumenti di lavoro, non rendono mai giustizia ai pezzi.

Soprattutto per gallerie giovani o delocalizzate rispetto ai grandi centri i social network possono diventare importanti.
Ma non basta esserci è importante anche il modo in cui si usano: un uso scorretto, trascurato, inadeguato al linguaggio social può avere l’effetto negativo di un boomerang penalizzando la galleria.

E qui subentra il challenge, la sfida che si pone alle gallerie d’Arte: trovare il giusto modo di comunicarsi e soprattutto invitare gli utenti del web ad andare in galleria, alle fiere agli eventi.

In una parola creare attesa, non esaurire in un post l’interesse del pubblico ma farlo nascere con quel post.

Non solo pubblicare un’opera e una didascalia o  dare una notizia ma produrre contenuti con il linguaggio adatto. Contenuti che iniziano a essere fruiti on line ma devono essere completati dal vivo.

I post di una galleria secondo me devono essere come uno strip-tease: devono stuzzicare, non soddisfare completamente l’interesse del pubblico, devono far nascere il desiderio di un approfondimento. E di conseguenza la galleria deve essere pronta anche alla seconda fase, quella dell’approfondimento nel proprio spazio espositivo.

Mettere on line una galleria è come mettere una barca in mare, ma poi bisogna soffiare nelle sue vele nella giusta direzione per farla andare lontano.

Qual è la giusta direzione? Qual è il giusto modo di parlare a un cliente sui social? Non credo ci sia una risposta univoca: ogni galleria ha uno stile diverso e followers diversi, anche in fase differenti del loro cammino dell’arte, chi neofita chi già esperto o collezionista. Per capire cosa è giusto fare bisogna osservare molto: osservare come comunicano le istituzioni culturali, un certo tipo di pubblicità, le riviste specializzate, ma anche assecondare la propria personalità e il proprio stile di gallerista.

La stragrande maggioranza degli artisti inoltre usa i social network e anche questo fattore dev’essere tenuto presente dalle loro gallerie di riferimento che non credo possano permettersi di non essere a loro volta presenti. Sta poi nella correttezza dell’artista coordinarsi con la propria galleria per non “bruciare” pezzi e nuove serie pubblicandoli prima della galleria che magari ha in programma una mostra o un evento, come faceva notare Emanuela Campoli, nel rispetto della libertà dell’artista ma anche del lavoro di squadra che si fa con il proprio gallerista.

 

IL BIMILLENARIO DELLA MORTE DI AUGUSTO, FRA ARTE E TECNOLOGIA

Augusto di Prima Porta, Musei Vaticani

Augusto di Prima Porta, Musei Vaticani

Oggi, 19 agosto 2014, si celebra il bimillenario della morte di Ottaviano Augusto, Princeps (rifiutò sempre infatti il termine “imperator”) di Roma che segnò il passaggio dal periodo repubblicano al principato.

Augusto, come molti uomini di potere, fece un uso grandioso della propaganda – e dell’Arte come suo strumento – per celebrare il suo principato. Fu lui a commissionare a Virgilio l’Eneide, con la quale dichiarava la discendenza della Gens Julia, alla quale apparteneva, direttamente dall’eroe Enea, figlio di Anchise e nientemeno che della dea Venere. A scopo celebrativo fece erigere anche l’Ara Pacis, simbolo della pace e della prosperità raggiunte da Roma durante la sua reggenza.

AraPacis

Il suo ambizioso e quasi epico programma celebrativo era volto ad assimilare il suo regime con l’età dell’oro, una nuova epoca di semplicità di costumi, prosperità e pace universale.

Il sistema di propaganda che adottò fu così efficace che il mito della sua discendenza divina e la pace augustea furono fonte d’ispirazione nei secoli per gli assolutismi a venire.

Diverse sono le iniziative che Roma dedica a Ottaviano e ai suoi monumenti e fra queste spicca l’apertura straordinaria dell’Ara Pacis stasera, dalle 21 alle 24, con proiezioni di luce sul fronte occidentale e su quello orientale, che ricreano i colori originali dell’altare. La tecnica di proiezione digitale si basa su analisi di laboratorio, ricerche cromatiche e analisi comparative sulla pittura romana: in particolare su sculture policrome e pitture murali come quelle Pompeiane.

Non è la prima volta che questo sistema viene proiettato: il debutto fu nel 2009. Il gruppo di studio che ha lavorato sulla ricerca della cromia originale e sulla tecnologia per farla esperire al pubblico, si è costituito molti anni fa, in occasione dell’allestimento del nuovo museo.

la personificazione di Roma

la personificazione di Roma

L’approccio alla proiezione è discreto, perché non investe l’intero monumento ma due lati soltanto, permettendo un immediato confronto con il marmo bianco com’è oggi, e di taglio critico poiché – come si legge sul sito stesso del Museo: www.arapacis.it – “non si vuole colorare l’Ara Pacis “com’era” ma restituire, in via d’ ipotesi, l’aspetto prossimo all’originale di un passato lontano ma non perduto”.

Una tecnologia non invasiva, spettacolare e coinvolgente per il grande pubblico, ma con alle spalle una seria ricerca e scientifica pienamente in linea con le tendenze “edutainment” (educare divertendo) di oggi.

Negli stessi orari stasera sarà visitabile anche la mostra “L’arte del comando. L’eredità di Augusto”, in corso fino al 7 settembre, sempre al Museo dell’Ara Pacis. La mostra approfondisce le principali politiche culturali e di propaganda messe in atto da Augusto nel suo principato.  In mostra saranno esposti incisioni, dipinti, monete, mosaici, acqueforti, oli, sculture e gemme.

augusto-arte-comando

Ara Pacis a colori e mostra “L’Arte del comando. L’eredità di Augusto”

Museo dell’Ara Pacis

Orario:

Apertura straordinaria del museo il 19 agosto 2014, ore 21.00-24.00 (la biglietteria aprirà alle 21.00 e l’ultimo ingresso è alle ore 23.00), in occasione delle celebrazioni del bimillenario della morte di Augusto.

Biglietto d’ingresso:

Biglietto unico per “Ara Pacis a colori” e mostra “L’arte del comando. L’eredità di Augusto” in occasione dell’apertura straordinaria del 19 agosto:
–  Ingresso Intero € 11,00
–  Ingresso Ridotto € 9,00

Informazioni: tel. 060608 tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00
 

“Verso Verdi” un’app fra arte, musica, territorio e digitale

Immaginate un nuovo modo di esplorare un mondo attraverso il vostro iphone.

Dimenticate menù a tendina, indici e mappe di navigazione e lasciatevi guidare dal vostro stato d’animo e dalla vostra curiosità.

Emotional browsing  è l’approccio tecnologico e la filosofia scelti per quest’app che ti scatta una foto e, in base all’espressione del tuo viso seleziona per te solo determinati contenuti.

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Una volta aperta l’app ci si trova di fronte a una schermata che ha l’aspetto di un firmamento costellato di pianeti: ognuno di questi è un museo che ha qualcosa a che fare con la figura di Giuseppe Verdi. Muovendo l’iphone si può esplorare lo spazio e scegliere un pianeta da approfondire. Così si inizia a scoprire la complessità della figura di Verdi, ben oltre la sua identità di musicista. Ed ecco che si svela per esempio che Verdi era anche un imprenditore agricolo e il collegamento al Museo Cervi o alla Bonifica di Argenta permettono di capire qualcosa in più sull’assetto territoriale e agricolo 800esco contestualizzando la figura di Verdi nel suo tempo a tutto tondo  e non solo nell’ambito culturale.

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Una volta esplorato un pianeta/museo l’app suggerisce una serie di percorsi tematicamente affini a ciò che si è appena guardato. Per ogni museo sono stati selezionati  contenuti visivi e sonori  (musiche di Verdi,  suoni ambientali ecc.) e  testi di approfondimento che rendono l’esperienza ricca e immersiva.

La narrazione non lineare rende l’utilizzo dell’app sempre nuovo tenendo alto il livello di curiosità attraverso collegamenti inconsueti che portano a scoprire un nuovo Verdi, l’uomo del suo tempo, e con esso il contesto socio-culturale e storico a cui apparteneva.

Questi percorsi portano ad esplorare Musei conosciuti come  il Museo Boldini di Ferrara e la Galleria Ricci Oddi di Piacenza o la stessa Villa Verdi  ma anche realtà come il Museo dell’Ocarina e degli strumenti musicali in terracotta di Budrio  di Bologna (che suonano musiche verdiane!), Casa Artusi di Forlimpopoli (FC), il Castello della musica di Noceto (PR), la Fondazione Guglielmo Marconi, Il Museo del Risorgimento di Bologna, Il Museo della Figurina di Modena e tanti altri.

“Verso Verdi” si colloca nell’ ampia piattaforma in progress che è “MUMU – Musei Multiverso”, un’esperienza conoscitiva multimediale dei musei e dei beni culturali dell’Emilia-Romagna, destinata a diventare un incrocio di saperi e di esperienze umanistiche e digitali.

La realizzazione dell’app è stata resa possibile da Regione Emilia Romagna, Istituto dei Beni Culturali  e Università di Bologna ed è già scaricabile dall’app store.

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Provatela!

Lucia Conversi e Il viaggio di Ulisse per IPad

Il 3 luglio è uscito su App Store  “Il viaggio di Ulisse”, l’ultima produzione di Elastico (gli stessi autori di Pinocchio, ne ho parlato qui). Anche questo nuovo “libro da giocare”, se possibile più interattivo e coinvolgente del precedente, è stato disegnato da Lucia Conversi.

Sirene

Come appassionata di nuovi media, oltre che come gallerista e amica di Lucia le ho fatto centinaia di domande per cercare di capire come nasce un’opera d’arte digitale come questa e come un’artista può lavorare con strumenti non tradizionali pur senza abbandonare le sue caratteristiche pittoriche.

Eccone alcune:

D: credi che possa nuocere all’immaginazione l’utilizzo di libri sempre
più interattivi e coinvolgenti?

R: credo di no, nella nostra visione delle cose realizziamo qualcosa di diverso dal libro, che non si vuole sostituire ad esso, ma che al contrario può incuriosire e indirizzare al testo originale avvicinando i bambini alla lettura. Il libro interattivo si muove su altri canali, tramite altri mezzi e suggerisce possibilità che danno vie nuove all’immaginazione. Esiste ancora molta ostilità e diffidenza verso questi prodotti ma credo dipenda dal fatto che sono ancora poco diffusi, siamo solo all’inizio di un percorso e come la visione di film e animazioni anche i nostri “books to play” non nuoceranno alle nuove generazioni saranno solo uno stimolo in più.

D: quali sono stati i tuoi modelli di riferimento visivi?

R: non saprei dirti nulla di preciso, solitamente prima di iniziare una nuova app mi tuffo in un periodo di studio sui personaggi e sugli ambienti e pesco un po’ ovunque, guardo tutto quello che mi capita sull’argomento e poi rielaboro dopo aver lasciato sedimentare. Stavolta mi hanno addirittura passato qualche puntata del famoso sceneggiato televisivo, anche quello è stato utile. Ho lavorato anche sui vasi greci, ma cercando di non cadere in un eccesso di decorativismo che avrebbe “raffreddato” l’atmosfera calda e avvolgente che avevo in mente e che ha convinto subito editor e art director del progetto.

Troia in fiamme

D: hai lavorato su una storia antichissima con uno strumento estremamente
moderno, come hai trovato un equilibrio?

R: uno strumento moderno che ti legge la storia se vuoi e ti culla con le musiche composte su misura per l’app…non è difficile, si tratta di sfruttare bene le potenzialità del mezzo e coordinarle per creare una precisa gamma di situazioni non solo visive. Ho fatto solo una parte di tutto questo lavoro, il team è preparato e dopo la realizzazione di Pinocchio abbiamo imparato molto, siamo andati migliorando quanto a cooperazione, eravamo più coesi e rilassati. Il risultato speriamo che lo dimostri.

Il viaggio

D: che differenza c’è fra dipingere e disegnare in maniera tradizionale e
direttamente in digitale? Quale situazione preferisci?

R: premetto che parto da una base disegnata manualmente, in modo tradizionale e proseguo nella realizzazione delle varie parti della scena lavorando in digitale, con vari software di digital painting. Rispetto a un lavoro completamente manuale i vantaggi sono numerosi. Realizzare una scena vuol dire comporla con diverse parti che vengono “animate” dal programmatore e dall’art director, inutile che spieghi il vantaggio di poter lavorare su livelli diversi che possono essere modificati singolarmente. Inoltre i software in questione sono in grado di simulare qualsiasi tecnica di disegno e pittura in modo decisamente realistico e questo ti consente di amalgamare bene il digitale con la base manuale non rinunciando al calore e alla materia del disegno tradizionale. Non parlerei di preferenze ma, pur non volendo cadere nella retorica della bellezza di sporcarsi le mani, devo dire che non vorrei rinunciare alle infinite sfumature che riesco a produrre lavorando manualmente. Credo che per il momento e per il mio livello di tecnica le soluzioni migliori nascano dalla mescolanza di questi due mezzi. L’obiettivo è la comunicazione di un messaggio e qualunque mezzo mi consenta di veicolarlo meglio è ben accetto.

Calipso

D: a che tipo di pubblico pensavi mentre realizzavi le tavole?

R: bambini, bambini sul serio, non adulti che comprano cose da adulti ai loro figli perché piacciono a loro. Per questo l’ultima parola sull’app spetta ai miei nipoti, sono loro che scovano i bug, che sottolineano mancanze e problemi in modo diretto e impietoso. Per questo quando usciamo con un nuovo libro interattivo su App Store siamo fiduciosi che piacerà anche agli altri bambini.

Potete trovare un altro mio articolo sullo stesso argomento qui e colgo l’occasione per ringraziare Chiara Serri e CSArt