ARTE E RESISTENZA, PENNELLI E STEN

Arte e resistenza: un binomio che ha dato esiti diversi da Paese a Paese lasciando sempre tracce forti e documenti importanti.

In Italia la fascistizzazione di cultura e arte avvengono tra il 1925 e il 29. Un’arte di opposizione al fascismo si propone, salvo per poche eccezioni, solo sporadicamente prima del 1936. Più ci si inoltra nella Seconda Guerra Mondiale più l’iniziale speranza, che pervadeva la maggior parte degli artisti, scema lasciando spazio a disincanto e, in qualche fortunato caso, ad attivismo.

Un esempio? Renato Guttuso, con “Gott Mit Uns”: 24 tavole illustrate che raccontano gli orrori del nazifascismo.
Guttuso realizza questa serie tra il 1943 e il 1944, nascosto nella tipografia della rivista d’arte “Documento”, durante le lunghe serate di coprifuoco dopo aver partecipato attivamente all’ultimo tentativo di difendere la città dall’occupazione tedesca, dopo il quale entrerà in clandestinità e si unirà alla Resistenza in modo ancora più partecipe. Gott mit uns verrà esposta subito dopo la guerra alla Galleria La Margherita di Roma per poi essere pubblicata nel 1944 da Antonello Trombadori e. Nel 1960 uscirà una seconda edizione con la prefazione di Noventa.

Renato Guttuso, dalla serie "Gott Mit Uns"

Renato Guttuso, dalla serie “Gott Mit Uns”

Renato Guttuso, studio per la serie "Gott Mit Uns"

Renato Guttuso, studio per la serie “Gott Mit Uns”

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Un altro grande attivista è Mario Mafai, per il quale l’arte è un fatto etico prima che estetico.

La partecipazione di Mafai alla Resistenza è totale, fino al limite dell’irresponsabilità. Di questo periodo l’editore Amerigo Terenzi ricorda:
Durante l’occupazione tedesca nel suo [di Mafai] studio si raccoglievano armi cospirative e si potevano incontrare i più diversi militanti antifascisti. Spesso capitava di trovare bombe, pistole e detonatori in cucina tra i bicchieri e magari in mezzo al carbone. Una volta fu persino smarrita una mina anticarro. Può essere considerato un miracolo se questa disordinata santabarbara non sia mai esplosa facendo saltare tutto il palazzo”.

Particolarmente significativa è la serie di 23 tavolette intitolata “Fantasie” e dipinte da Mafai tra il 1939 e il 1944. Questa serie, composta per urgenza espressiva personale più che per il pubblico, raffigura la barbarie nazifascista in modo piuttosto crudo e ricco di riferimenti a Grosz e a Goya.

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Mario Mafai, “Fantasia n°7: interrogatorio in Via Tasso”

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Mario Mafai, “Fantasia n°1”

La seconda Guerra Mondiale e la dittatura nazifascista trasformarono profondamente l’arte europea e anche quella italiana. I dipinti di quegli anni parlano di identità frantumate, di una Storia che ha perso ogni appiglio nella logica e della cultura di un intero continente completamente rasa al suolo. Il linguaggio figurativo si adegua in modo tormentato a una nuova realtà senza più regole cercando un modo di narrare quello che mai si pensava potesse accadere. Emergono da questi dipinti la brutalità umana, il ritratto di un’umanità vilipesa e sacrificata che porta al moltiplicarsi delle opere con Crocefissioni.

Guttuso, Crocefissione, 1942
Renato Guttuso, Crocefissione, 1942

Giacomo Manzù, "il crocifisso e il generale", 1939-43Giacomo Manzù, “il crocifisso e il generale”, 1939-43

Nasce un nuovo linguaggio che cambierà per sempre il modo di fare arte e resterà come documento indelebile per le generazioni future.

L’IMPORTANZA DEL MECENATISMO E DEL COLLEZIONISMO

Invito

Collezionismo e committenza sono da sempre specchio della cultura di un’epoca e termometro del gusto ma non solo: ogni commissione, ogni acquisto d’arte contribuisce a scrivere una pagina della nostra storia, è un gradino nella scala dell’evoluzione che saliranno le generazioni future.

Grazie a grandi collezionisti e mecenati che hanno raccolto e condiviso arte oggi tutti noi possiamo allargare i nostri orizzonti culturali. Pensiamo a Peggy Guggenheim o a Giuseppe Panza di Biumo.

Sono stata invitata a tenere una conversazione d’Arte domenica 13 aprile 2014 a Correggio Art Home, il centro studi della Fondazione Il Correggio che ha sede nella casa natale del pittore. L’argomento che mi è stato chiesto di illustrare è il rapporto fra potere e cultura alla corte dei Da Correggio.

Cosa fa di un piccolo centro padano una grande capitale la cui nomea non viene offuscata neanche da cinque secoli? Le armi e attenti rapporti diplomatici non sarebbero bastati senza una lungimirante politica culturale.

Pittore emiliano del XVII sec., Pianta di Correggio

Pittore emiliano del XVII sec., Pianta di Correggio

Questo è il caso della corte dei Da Correggio che, attraverso reggenti illuminati e colti, commissioni artistiche al passo con i tempi e un autentico amore per le arti e per le lettere, hanno donato al loro piccolo Stato monumenti, urbanistica, e opere che avrebbero resistito ai secoli mantenendo fresco tutto il loro splendore.

I Da Correggio, nelle persone del conte Nicolò II e della contessa Veronica Gambara hanno intessuto rapporti con molte delle personalità più in vista della politica e della cultura del tempo.

medaglia di Nicolò II Da Correggio

  medaglia di Nicolò II Da Correggio

Il Correggio, Ritratto di Gentildonna (probabilmente Veronica Gambara)

Il Correggio, Ritratto di Gentildonna (probabilmente Veronica Gambara)

 

E quando parlo di personalità in vista intendo davvero in vista: l’imperatore Carlo V fu ospite a Correggio per ben due volte, Veronica Gambara ebbe scambi epistolari intensi con Isabella d’Este, le rime della contessa Da Correggio furono ammirate da Pietro Aretino che definì Correggio “un paradisetto culturale”. Parlò della corte emiliana anche Ludovico Ariosto nell’ Orlando Furioso riconoscendole una qualità intellettuale e culturale che ben poche altre corti (di queste dimensioni) avevano. Anche l’Ariosto sarà ospite di Veronica a Correggio nel 1531. Nicolò II oltre che uomo di Stato fu anche uomo di lettere tanto da essere annoverato fra i fondatori della drammaturgia italiana grazie al suo “Fabula de Cefalo e Procri”, un’opera drammatica in volgare che è la seconda dopo l’Orfeo di Poliziano. La “Fabula” di Nicolò da Correggio  ebbe tanto successo che spesso gli artisti rinascimentali presero spunto proprio da essa per raffigurare questo mito.

Correggio, a partire da Antonio Allegri, ha dato i natali a una quantità di straordinari talenti che hanno brillato in ogni epoca in arte, letteratura, musica.

Com’è nato un humus culturale così fertile, cos’ha reso l’aria di questo centro così  creativa? La risposta è da cercare proprio nella storia, in un passato che i suoi Signori hanno costruito ogni giorno, guardando non solo al presente ma anche al futuro, con le opere d’arte commissionate e acquistate che hanno saputo stimolare giovani menti facendone grandi talenti.