I GIARDINI DELL’ANIMA

I giardini dell'anima

Dalla mia conferenza “I giardini dell’anima”, Correggio Art Home, 24 febbraio 2013

 

Cos’è un giardino?

Il giardino è uno spazio naturale delimitato e modificato dall’uomo per ricavarne un’oasi privata.

Il giardino rispecchia il modo in cui uomini di diverse epoche e latitudini hanno addomesticato la natura in base a motivi di ordine religioso, filosofico, sociale, politico, culturale rispecchiando il modo in cui gli uomini hanno visto il mondo nel corso della storia.

L’approccio degli artisti al tema del giardino è sempre stato, sia a livello concettuale che  stilistico molto diverso da quello con il paesaggio. Il giardino nell’arte diventa spesso infatti la metafora di qualcos’altro.

Nel Medioevo due sono i grandi poli tematici che si rincorrono a questo proposito: l’Hortus conclusus, metafora della verginità di Maria e l’Hortus deliciarum, il giardino delle delizie, luogo dei piacerti terreni e sensuali della corte.

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Bottega di Martin Shongauer, “La caccia mistica dell’unicorno” (particolare)

Nella letteratura e nell’arte di tutti i tempi e di tutti i luoghi torna spesso il Giardino dell’Età dell’Oro, un posto mitico teatro di un tempo perfetto in cui gli uomini vivevano felici e liberi da malattia, morte, peccato.

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Lucas Cranach il Vecchio “l’Età dell’Oro”, 1530

 

Tutti e tre i grandi monoteisimi, Cristianesimo, Ebraismo e Islam, figurano l’aldilà come un giardino: sembrerebbe dunque che l’uomo veda la felicità perfetta e ideale nella comunione con la natura.

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Fratelli Limbourg, miniatura da “Les très riches heures du duc de Berry”, 1416 ca.

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“L’imperatore Babour controlla le piantagioni del giardino della fedeltà”, manoscritto XVI sec.

Molti dei romanzi dell’età cortese sono ambientati (in toto o in parte) in giardini più o meno realistici: il Decameron di Giovanni Boccaccio,

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Illustrazione dal “Decamerone” di Boccaccio

l’Hypnerotomachia Polyphili di Francesco Colonna,

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Illustrazione dall’”Hypnerotomachia Polyphili” di Francesco Colonna

il Roman de la Rose di Guillaume de Lorris e Jan de Meun.

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Illustrazione per il “Roman de la Rose”, 1475

Un altro tema che attraversa tutta la storia dell’arte riproponendosi ciclicamente è quello del “giardino d’amore”: il giardino diventa luogo di incontri romantici ed erotici, luogo di seduzione, felicità e piacere. La differenza fra “Giardino del Paradiso” e “Giardino d’amore” è che in quest’ultimo gli amanti possono godere  liberamente dei frutti del giardino senza incorrere in divieti. Banditi da questi giardini sono i temi di ubbidienza, disubbidienza e peccato. Spesso in questa ambientazione sono presenti anche simboli di altri aspetti dei piaceri dei sensi come il cibo e la musica sotto forma di tavole imbandite e musici che a volte abbandonano i loro strumenti per prendere parte ai banchetti. Non di rado compare anche una fontana che allude alla simbolica e mitica fonte dell’eterna giovinezza.

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Jean Antoine Watteau,”I piaceri dell’amore”, 1719 ca.

Completamente diversi sono i valori e i significati che ruotano intorno ai giardini raffigurati dagli artisti cinesi e giapponesi. Penso ai giardini di Hokusai e di Hiroshige: essenziali e “puliti” che invitano alla meditazione e alla ricerca di un equilibrio interiore. Il giardino non è altro che il riflesso esteriore di questa astrazione: un ordine e un’armonia naturali ed esteriore che fungono da modelli per l’ordine e l’armonia interiori.

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Katsushika Hokusai, “Iris”, 1814

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Hiroshige Utagawa, “Ciliegi in fiore”, 1856-58

I pittori romantici raramente si confrontano con il tema del giardino, presi piuttosto dalla vastità e dalla incontrollabilità della natura selvaggia. Il giardino, piccola porzione di natura recintata e plasmata ad arte dall’uomo, è quanto più lontano si possa pensare dal concetto romantico di “sublime”, da quei paesaggi che attraggono e spaventano. Proprio per questa sua caratteristica di finitezza e questo senso di irruenza naturale imbrigliata il giardino si è rivelato in pochi, magnifici dipinti romantici una metafora perfetta per parlare di quella parte dell’anima più intima o piuttosto di quella parte che si sente ingabbiata, limitata come un giardino di fronte alla vastità del mondo.

Caspar David Friedrich ne “La terrazza del giardino” del 1811-12 rappresenta due paesaggi uno nell’altro, come scatole cinesi: in lontananza il paesaggio naturale, vario, irregolare, soleggiato, in primo piano un giardino fatto di aiuole geometriche e vialetti di ghiaia, cinto da un muretto e delimitato da un cancello chiuso, con due leoni di pietra a fare da guardia, avvolto nella penombra. Nel giardino siede una donna intenta nella lettura, la vediamo solo di spalle, anche la sua postura ci rivela come sia raccolta in se stessa. Il giardino rappresenta l’interiorità della donna raccolta nella lettura, il paesaggio soleggiato rappresenta il mondo al di fuori di lei.

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Caspar David Friedrich, “La terrazza del giardino”, 1811-12

Un’interpretazione simile è quella che propone Goustave Courbet in “Signora alla terrazza o la signora di Francoforte”, 1842 ca. Lo spazio rappresentato si articola fra la terrazza, ideale prolungamento delle mura domestiche, il giardino, spazio liminare fra casa e spazio aperto e il paesaggio esterno, il mondo. La donna seduta in terrazzo ha lo sguardo perso nel vuoto e rapito nei suoi pensieri, non nota neanche lo spettacolare tramonto che incendia il cielo intorno a lei. Sembra quasi di entrare nei suoi pensieri, sembra di avvertire i sussurri e le grida del suo sdoppiamento di signora alto-borghese, divisa fra le sicurezze della casa, della famiglia, delle convenzioni sociali e il desiderio di lasciarsi trasportare dall’avventura, di conoscere la vastità e l’imprevedibilità del mondo, qui presenti nella natura e in quel tramonto di fuoco.

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Goustave Courbet, “Signora alla terrazza” o “La signora di Francoforte”, 1842

I giardini nell’arte sono tutto questo: uno spazio sottratto al mondo, un rifugio segreto, un luogo ideale di piacere, un’evasione dai tormenti della vita che sembrano placarsi solo a contatto con la natura, una natura però trasformata dall’uomo a sua immagine e somiglianza, che rispecchia la cultura del suo tempo con i suoi limiti, i suoi sogni, le sue trasgressioni.

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Jean Honorè Fragonard, “L’altalena”, 1770