Un oggetto mistico, uno strumento di conoscenza, un simbolo antico e magnetico, ecco cos’è un mandala.
L’etimo della parola viene dal sanscrito “essenza” (manda)”, possedere” o “contenere” (la).
Il mandala è una forma circolare simbolica che allude all’origine dell’universo che da un punto si è sviluppato in un’essenza ampia e complessa, ma rappresenta anche la maturazione della propria consapevolezza umana, la riflessione dal sé verso il tutto: il passaggio dall’ inconscio individuale all’inconscio collettivo.
Il primo mandala noto è una ruota solare paleolitica trovata nell’Africa del sud ma queste forme sono da sempre presenti in ogni cultura, da oriente a occidente: nell’induismo, nel buddismo, nel cristianesimo, presso gli indios americani. Persino Jung li studiò in quanto simboli archetipici per vent’anni e scrisse sull’argomento ben quattro saggi.
Nelle filosofie orientali i mandala vengono usati come strumento per la meditazione e il fine della costruzione di un mandala è la ricostruzione di un ordinamento precedentemente in vigore.
Singolare è la definizione che ne diede Giuseppe Tucci, grande figura di orientalista, padre della tibetologia contemporanea: ‘psicocosmogramma’ nel mandala infatti è rappresentata in forma sintetica la serie di nessi e legami che fanno della realtà, apparentemente frammentata negli innumerevoli elementi che la compongono, un tutto organico e coerente fin nella sue parti più infinitesimali.
Anche nell’occidente contemporaneo c’è chi si avvicina ai mandala, come Philip Taaffe (Elizabeth, New Jersey, 1955) con la sua serie “Rangavalli”, presentata allo Studio d’Arte Raffaelli di Trento (29 maggio – 30 settembre 2014). Taaffe scopre un particolare tipo di mandala chiamato “Rangavalli” durante un viaggio in India negli anni Ottanta, in cui rimane incantato dai disegni che la mattina le donne eseguono con farina di riso e curcuma sulla soglia di casa per tenere lontani gli spiriti maligni (e, più prosaicamente, le formiche).
I mandala di Taaffe, in linea con la tutta la sua pittura, galleggiano fra la tradizione antica, lo psichedelico (anzi, lo psicocosmogramma) e il pop perché Taaffe è pur sempre un artista contemporaneo e occidentale. Punti e linee sinuose si intrecciano nei motivi del “nodo infinito” declinato in numerose varianti.
Questi mandala devono essere rimasti impressi negli occhi e nel cuore dell’artista che, nel 2014, ne propone una nuova, più ricca ed elaborata serie. In mostra a Trento sono accostate opere della fine degli anni Ottanta con opere del 2014 che permettono di attraversare insieme all’artista l’evoluzione del suo approccio al soggetto.
E’ sempre affascinante il modo in cui Taaffe elabora tradizioni antiche e tribali in linguaggio contemporaneo creando opere ipnotiche che sembrano cariche di proprietà curative per lo spirito.
Philip Taaffe, Rangavalli
Trento, Studio d’Arte Raffaelli
29 maggio – 30 settembre 2014